Welfare e salute

 

Cittadini, sicurezza, salute e lavoro

 

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All’Italia importa davvero dei disabili e dei più fragili?

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Foto di Marcus Aurelius: Pexels

Questo fenomeno, che potremmo chiamare “bad welfare”, è peggiore della malasanità

Migliaia di persone che muoiono per mare, se l’umanità fosse patrimonio di tutti, non dovrebbero creare solo commozione, ma indignazione costante, almeno con la stessa mobilitazione degli scioperi generali e delle grandi manifestazioni antifasciste. Spesso assistiamo invece alla divaricazione tra sovranisti e soggetti favorevoli all’immigrazione, quando il valore unificante dell’umanità dovrebbe mettere tutti assieme.

Anche un solo povero, dovrebbe scatenare non solo le gare di solidarietà, ma un sistema di welfare che affronta l’emergenza, assistendo, per poi andare a fondo alla ricerca delle cause di quella povertà e ai concomitanti problemi che all’assenza di risorse economiche si abbinano nella complessità dei problemi umani.

Non solo non siamo davanti a un solo povero, ma pur in presenza di centinaia di migliaia di diseredati, quando lo Stato italiano, penultimo in Europa, si è dotato di misure di contrasto alla povertà, da raffinare ma certamente da non cassare, si scatenano le campagne per far ritornare il nostro Paese indietro, allo stato di inciviltà delle Istituzioni che non si occupavano di chi non aveva da mangiare.

Per carità, i furbetti, i mafiosi che usufruiscono della misura e tutti coloro che delinquono truffando lo Stato devono suscitare la nostra indignazione e il plauso alle forze dell’ordine e alla magistratura che li persegue: questo è indubbio! Ma una minoranza di furbetti e criminali, non può cancellare centinaia di migliaia di persone oneste che hanno bisogno della solidarietà del proprio Paese, che si impegnano nei progetti utili alla collettività, la cui efficacia dipende dalla qualità della Pubblica Amministrazione che li promuove, Terzo settore compreso quando vi collabora, oltre che dal sistema delle politiche attive del lavoro per la eventuale successiva collocazione definitiva nel mondo del lavoro; solo successivamente, dalla “qualità” dei beneficiari.

Così come i controlli, dovrebbero essere preventivi più che successivi, per non appesantire le forze dell’ordine e la magistratura di un ulteriore compito nel marasma del peso lavorativo che già patiscono e per evitare che il pescare il malfattore resti una magra consolazione, una volta che questi ha già “consumato” indebitamente i benefici spettanti a un povero, in una sorta di Robin Hood al contrario. Ma nel proliferare delle piattaforme digitali, molto ci vuole a mettere a punto un semplice e moderno software che fa dialogare prima dell’attribuzione del beneficio, servizi sociali, inps, casellario giudiziale e forze dell’ordine, che con la Benemerita sono presenti in ogni angolo della penisola?

Come quando un malato, uno solo, è oggetto di malasanità, o di cura impropria, si grida allo scandalo, la stessa cosa non avviene quando un disabile viene assistito, supportato, educato in una scuola da chi capita, sul presupposto che non essendoci docenti di sostegno e personale appunto specializzato con il titolo che la legge prescrive, pur di non lasciare scoperto il “caso”, si lascia a “cure” sociali e didattiche improprie chi già di per sé è fragile e ancora più fragile diventerà.

Ma come non si accetta che un oncologo ingessi una frattura, perché per anni gli organici dei docenti di sostegno sono insufficienti, soffrono il numero chiuso dei corsi a tal fine messi in campo e l’emergenza diventa ordinarietà nell’occupare anche avvocati, commercialisti e precari vari privi del titolo specifico e con studi molto lontani dalla mansione che il contratto gli attribuisce? Questo fenomeno, che potremmo chiamare per restare negli inglesismi di “bad welfare”, è peggiore della malasanità a pensarci bene, perché quest’ultima è il risultato dell’errore umano o dell’incuria colpevole di quello che è comunque, almeno sulla carta, un professionista. Il “cattivo servizio sociale” è invece, nei casi descritti, la scelta colpevole delle Istituzioni che perpetuano soluzioni emergenziali per anni e anni.

Qualcuno a dire il vero se ne occupa dei casi dal contenuto eclatante come quelli sopra descritti, come ha fatto l’On. Ubaldo Pagano e il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali, mettendo in campo dei testi legislativi che stanno permettendo a tanti enti locali di professionalizzare i servizi sociali con meritorie (perché comunque hanno a monte delle procedure concorsuali) stabilizzazioni del personale dei servizi sociali per rimpinguare un deficit organizzativo che durava da decenni all’interno di moltissimi enti locali.

Va dato il merito al vissuto di questo giovane adulto parlamentare, portato nelle Istituzioni dall’esperienza professionale precedente all’assunzione della carica, di aver anche portato nel testo che le Camere approveranno in sede di Legge di Stabilità, un fondo dedicato per l’assistenza all’autonomia e per la comunicazione per gli alunni con disabilità da desinare agli enti territoriali con apposito riparto. Se le Camere diranno sì, saranno 100 milioni dedicati ai servizi di welfare nelle scuole per gli alunni diversamente abili, con l’auspicio che queste somme non vengano detratte dalla consistenza dei fondi già esistenti per le politiche sociali e la non autosufficienza, essendo così effettivamente aggiuntivi per gli enti territoriali. Se sul versante della Pubblica Istruzione si trovasse la quadra organizzativa, con un altro intervento alla Pagano, per inserire dall’anno scolastico prossimo in aula, docenti tutti qualificati, questa mia critica si svuoterà e il Paese si metterà al riparo dalla grave accusa di inciviltà che oggi patisce.

La speranza e l’auspicio determinato e non formale è che la nostra organizzazione statale sia all’altezza del compito nelle politiche sociali, così come si preoccupa del versante sanitario. Perché se la salute non è mera assenza di malattia, come ripeto ormai fino alla nausea, chi si rompe un dito è malato e viene curato da uno specialista (ortopedico) e con una terapia specifica e precisa e chi è povero o diversamente abile viene assistito e non “precisamente” curato e gli vengono somministrati solo aspirine e anitidolorifici sociali, anziché “guarirlo” in toto?

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Gianluca Budano

Welfare manager pubblico, esperto in materia di politiche socio-sanitarie, ha diretto numerose amministrazioni pubbliche, anche in funzione di sovraordinato del Ministero dell’Interno in Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. Co-Portavoce nazionale di Investing in Children – Alleanza per l’inclusione e il benessere dei minori in Italia, già Consigliere di Presidenza Nazionale ACLI, Consigliere di Amministrazione di Terzjus – Osservatorio Nazionale di diritto del Terzo Settore, della filantropia e dell’impresa sociale, componente del Direttivo Nazionale del Forum delle Associazioni Familiari, dirigente di Avviso Pubblico – Associazione di Enti Locali e Regioni contro le mafie.