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L’Italia cronica e quella volutamente ipocondriaca

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Foto di Element5 Digital: Pexels

Tra pigrizia e autolesionismo nella gestione della cosa pubblica

Quasi tutte le mattine accompagno a scuola i miei due figli, Lorenzo e Michelangelo, 13 e 10 anni, terza media il primo e quinta elementare il secondo. Quel breve tragitto da casa a scuola è il nostro primo momento di quotidiano confronto, tra padre e figli. Non ci derida il lettore se al mattino a volte i nostri argomenti sono di attualità politica, del resto, derisi o no, la realtà è questa.

Una di queste mattine esordì Lorenzo, di botto, con una domanda: “Papà, ma possibile che nel 2022 non sia nato un uomo, un partito che risolva con preparazione i problemi della gente, tenendo conto delle esigenze di tutti? Non solo i piccoli problemi, ma anche quelli grandi come le guerre”. Del resto, (è sempre lui a parlare), “i problemi possono essere risolti, basta avere preparazione, studiando e applicandosi”. E chiude affermando che “a lui la politica piacerebbe farla da grande, ma solo dopo aver acquisito almeno la preparazione di Mario Draghi, perché il suo modello è quello di un politico chiamato dalla politica a governare per delle qualità non comuni”. Da allora simpaticamente, in casa, assieme al fratello più piccolo, lo chiamiamo Mario.

Lorenzo poi scende dall’auto e l’ultimo tratto verso la scuola primaria lo condividiamo con Michelangelo, dal carattere molto diverso dal fratello maggiore, ma anch’esso vittima dello scherzo della natura di condividere, nonostante l’età di un ragazzino, argomenti politici e sociali con il padre (come dire, tale padre, tali figli), argomenti “da grande”, letti con la lente dei piccoli. Michelangelo ha un’idea della politica un po’ diversa. Intanto si impegnerebbe al più presto, senza attendere di acquisire competenze alte e tecniche alla Draghi, anche perché, parole sue, “aspiro a diventare presidente della Repubblica, ma posso anche candidarmi prima a fare il sindaco della mia città”, con un tono quasi da comizio.

Al di là dell’aneddoto familiare e con l’augurio di avere figli fortemente impegnati nel sociale, nelle parole dei mie due bambini, a pensarci bene, ci sono messaggi chiari di come il nostro sia un Paese poco in salute nella cura della politica, quale governo della cosa pubblica per tendere alla risoluzione dei problemi di tutti. Salute precaria di un Paese affetto da patologie croniche e a volte volutamente ipocondriaco.

L’Italia è volutamente ipocondriaca, avvertendo malattie che non ha, in tutte quelle situazioni in cui problemi semplici non arrivano all’attenzione del decisore pubblico per la sua soluzione: le migrazioni sanitarie pediatriche nei suoi drammatici aspetti sociali inspiegabilmente non risolti, la mancata integrazione tra servizi pubblici che non comunicano disorientando cittadini fragili che per star meglio dovrebbero vedere la loro vita semplificata e non complicata dalla burocrazia), ecc. Si tratta di rappresentazioni volutamente ipocondriache, per autoassolvere una inspiegabile inerzia, che prescinde anche dalle risorse a disposizione. Se non fosse così, la colpa sarebbe ancora più grave e rischierebbe di scivolare nel dolo.

Poi ci sono le patologie croniche e autolesioniste del nostro Paese. Due casi per tutti: la scoperta di non essere autosufficienti dal punto di vista alimentare e dal punto di vista energetico, nel Paese dai migliaia di ettari di terreno abbandonati di proprietà pubblica e privata, del decentramento produttivo delle produzioni agricole (e non solo) all’estero, delle centrali a carbone che hanno prodotto tanti lutti e poca energia a basso costo per le popolazioni martoriate, dei territori baciati costantemente dal sole e accarezzati dal vento che di quella energia termica ed eolica hanno beneficiato poco niente, spaccando le popolazioni tra no e pro carbone, no e pro gas, no e pro rigassificatori, no e pro trivelle, senza che nessuno alzasse mai le barricate per dire che la ricchezza energetica ce l’avevamo già in casa e non andava ricercata nei rapporti con gli USA o la Russia o l’Ucraina o con le grandi multinazionali.

Direbbe Checcho Zalone: “ma questi sono del mestiere”? Sicuramente manca il mestiere e pure l’amore di se stessi, se pensiamo che anche i più spietati speculatori capirebbero che essere autosufficienti per i bisogni primari della propria popolazione, ci avrebbe fatto più forti e più grandi di Russia e Stati Uniti, più di mille armamenti e di 100 F35.

Ma per rispondere a Lorenzo e Michelangelo, ci vuole ancora molto per curare la gestione della cosa pubblica dalla sua ipocondria e dalla cronicità dei suoi atavici problemi? La stagione della competenza voluta da Lorenzo e quella dell’impegno immediato di Michelangelo, possono trovare il punto di equilibrio giusto per assetti politici che a prescindere da chi governa scansano il grido di vendetta dell’irrisolto semplice da gestire o dell’inerzia colpevole, a volte pigra e a volte speculativa, degli autolesionisti (nel lungo periodo) che gestiscono la cosa pubblica e che si credono anche furbi e preparati?

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Gianluca Budano

Welfare manager pubblico, esperto in materia di politiche socio-sanitarie, ha diretto numerose amministrazioni pubbliche, anche in funzione di sovraordinato del Ministero dell’Interno in Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. Co-Portavoce nazionale di Investing in Children – Alleanza per l’inclusione e il benessere dei minori in Italia, già Consigliere di Presidenza Nazionale ACLI, Consigliere di Amministrazione di Terzjus – Osservatorio Nazionale di diritto del Terzo Settore, della filantropia e dell’impresa sociale, componente del Direttivo Nazionale del Forum delle Associazioni Familiari, dirigente di Avviso Pubblico – Associazione di Enti Locali e Regioni contro le mafie.