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Chi crede davvero negli esseri umani

da

Appello ai liberi e forti che vogliono costruire il paradiso sulla terra

Don Luigi Sturzo nel 1945, così scriveva: «La funzione del cittadino è delicata nel mondo moderno; non è permessa l’evasione dal proprio dovere […]; noi parleremo la lingua del tecnico se siamo tecnici, dell’uomo politico se siamo politici, del cittadino sul piano nazionale, dell’uomo universale sul piano internazionale, del cristiano sul piano morale e religioso». E già nei primi del Novecento scriveva: «[…] si guarda coll’occhio sinistro questa terra che ogni giorno ci sfugge, col destro si guarda il cielo che ogni giorno ci si avvicina».

Questi testi e queste osservazioni potrebbero apparire astratti ma una riflessione attenta e approfondita li può rendere fortemente concreti, attuali e popolari. La domanda sorge spontanea: ma il Paradiso è su questa terra o è tutto nell’aldilà? La grandezza è in cielo o su questa terra?

La praticità che contengono le domande (e le possibili risposte) non sono indifferenti rispetto all’idea di società che vogliamo e a quello che siamo. Il divino si può recuperare su questa terra ci direbbe Don Luigi Sturzo o relegato al trascendente. La prima ipotesi responsabilizza ognuno di noi, nessuno escluso. La seconda, deresponsabilizza tutti, atei e devoti.

Misuriamo le affermazioni con alcuni temi pratici per gli effetti che provocano quotidianamente nelle nostre vite.
Le disuguaglianze biologiche, cioè la diversità di ogni essere umano, possiamo (o non) affrontarla con piena consapevolezza e prodigarci per costruire una società inclusiva che valorizza ognuno e lo mette in relazione con tutti, con la comunità. Da ciò discenderebbe che un immigrato è una ricchezza come persona umana ma anche nella misura in cui la comunità che lo accoglie lo rende protagonista, facendolo diventare forza lavoro regolare e sostitutiva delle carenze di un popolo che non vuole svolgere, a torto o a ragione, alcuni lavori. Ma discenderebbe anche che un diversamente abile è una risorsa, non perché è eticamente “brutto” dire il contrario, ma perché è realmente così se la società (indi ognuno di noi) mette in campo il sacrificio di ricercare le unicità che quella condizione detiene. Si pensi alla concentrazione di una persona affetta dallo spettro autistico unita alla capacità di astrarsi, in determinate condizioni di cd. “alto funzionamento”, unica per lo svolgimento di alcune mansioni di precisione che i cd. normodotati non raggiungeranno mai. E in questa direzione potremmo esemplificare a lungo.

La grandezza allora è quella di essere esseri umani semplici, nel senso che ricercano la semplicità delle cose, delle evidenze, prima che delle credenze e dei pregiudizi. Semplicità è autenticità e l’autenticità richiede la costante ricerca della verità.

Chi non “integra” gli immigrati, coincide quasi sempre con la categoria di chi non “integra” i poveri, prima giustificandosi con presunte differenze identitarie e poi con altre di natura sociale, tradotte in una volontà di non immischiarsi, per l’unica vera paura (e verità) non dichiarata, che è quella di non voler conoscere a fondo se stessi. Chi opera per semplificazioni, a ben vedere, assomiglia a questa categoria, perché rinuncia alla conoscenza, all’approfondimento, per paura di modificare le proprie convinzioni. Atteggiamento opposto è quello di chi applica il rigore del metodo scientifico alla quotidianità, che non vuol dire essere scienziati in ogni momento ma semplicemente penetrare la realtà con le lenti della ragione e non giungere a conclusioni fino a quando almeno ogni nostra domanda ha trovato una risposta che ci convince.

Ma i nostri “educatori” e punti di riferimento popolari, dai politici ai religiosi, dagli artisti ai professionisti a chi rappresenta interessi diffusi e collettivi in nome di qualcuno di diverso da se stesso, sono tutti fedeli a quest’approccio che li obbligherebbe a recuperare il divino e il paradiso prima su questa terra e poi nel trascendente? Potrei apparire invadente e liberticida, ma chi ha un mandato non risponde solo alla sua coscienza individuale e, in virtù di ciò, è esposto alla pubblica responsabilità e alla pubblica opinione. E anche alla pubblica indignazione che va riscoperta nel suo profondo valore sociale, perché può gridare vendetta ma può meglio e positivamente cambiare le cose in profondità, nella sua funzione correttiva dell’azione degli esseri umani (quando deviano verso la disumanità), di chi come canterebbe Mengoni “crede negli esseri umani che hanno coraggio di essere umani”. Con questa riflessione inauguro una breve rassegna che ci porterà a esemplificare e mettere in trasparenza, dopo le ovvietà irrisolte, i modi con cui possiamo costruire il paradiso sulla terra.

Foto in evidenza: Jim Black da Pixabay

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Gianluca Budano

Welfare manager pubblico, esperto in materia di politiche socio-sanitarie, ha diretto numerose amministrazioni pubbliche, anche in funzione di sovraordinato del Ministero dell’Interno in Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. Co-Portavoce nazionale di Investing in Children – Alleanza per l’inclusione e il benessere dei minori in Italia, già Consigliere di Presidenza Nazionale ACLI, Consigliere di Amministrazione di Terzjus – Osservatorio Nazionale di diritto del Terzo Settore, della filantropia e dell’impresa sociale, componente del Direttivo Nazionale del Forum delle Associazioni Familiari, dirigente di Avviso Pubblico – Associazione di Enti Locali e Regioni contro le mafie.