Economia e sviluppo

 

Cittadini, sicurezza, salute e lavoro

 

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Senza mutualismo e reciprocità, non c’è futuro e non c’è comunità

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Photo by Pixabay

L’infanzia e l’adolescenza sono ancora il fanalino di coda delle politiche pubbliche, come ho avuto modo di esplicitare e declinare nelle quattro riflessioni precedenti, in una sorta di assenza di consapevolezza della loro centralità e nella convinzione sottaciuta di ritenerle una categoria, degradando il futuro di una società a una parte, a un frammento, che se proprio frammento è, ne rappresenta il tutto che contribuisce a comporre. E non è solo una questione legata all’entità delle risorse pubbliche investite.

Ma tale approccio è sintomatico di altro e si può ascrivere a un atteggiamento generale fondato su un’assenza di visione complessiva della realtà e della rete sociale, intesa come complesso di relazioni coese nella popolazione, di coralità delle stesse, di mutuo aiuto costante nella quotidianità.

Il nostro è il Paese in cui i comunisti e i democristiani, prima ancora la cultura laica e quella cattolica, sono stati accomunati da opere comuni fondate sul mutuo aiuto: questa è la nostra storia e la nostra tradizione! Storia abbastanza tradita dai posteri di quelle stagioni storiche in cui nacquero le mutue e tutti quelli esperimenti associativi improntati alla mutualità, nati per favorire la cultura del dono e l’aiuto del vicino di casa, anche quello molto lontano dalla propria abitazione.

Traditi dall’incapacità di mettersi assieme, di neutralizzare gli individualismi, di partorire opere in cui le comunità risolvono i problemi da sé, prima di bussare alla porta dello Stato. Un po’ è l’adagio creato dal frutto dei diritti (viva Dio) universali che il pubblico garantisce; un po’ l’epilogo della società liquida. Un dato è certo però: il mutuo aiuto tra i cittadini che si eleva a servizio pubblico torna attualissimo e utilissimo in una fase storica come quella odierna, in cui è il tempo di investire sul futuro, di innovare, di ri-costruire, di ri-partire; tutte azioni che escludono le azioni solitarie e in cui non basta (illusione dell’ultimo ventennio politico italiano) che arrivi il leader che risolve tutti i problemi e salva la nazione, perché un modello di questo tipo in tempi di ri-costruzione non serve e non basta.

A partire da queste riflessioni alcuni mesi fa, in occasione della Festa del Lavoro e dei Lavoratori ho proposto ai Comuni Italiani l’istituzione del “Fondo di mutualità popolare e di ripartenza economica e sociale delle famiglie e delle imprese, delle arti, delle professioni e di ogni attività economica a base territoriale comunale”.

Tale sperimentazione, accolta e osservata da diverse municipalità, tendeva (e ancora tende) a costruire esperienze a regia pubblica (istituite dalle Amministrazioni comunali), ma “governate” da un Consiglio di Sorveglianza retto dal partenariato socio economico (organizzazioni sindacali, del mondo produttivo e del terzo settore): moderni sodalizi con lo spirito delle antiche società di mutuo soccorso, ma dal governo sussidiario circolare (Stato, profit e no profit) e con la possibilità di essere un luogo naturalmente ricettivo delle risorse del recovery fund

Ho richiamato questa proposta per richiamare un atteggiamento che mi pare scarseggi ampiamente tra i decisori istituzionali, (offrendo una piccola testimonianza sul versante delle soluzioni), ma che è invece particolarmente sentito nella popolazione: la voglia di costruire benessere, di star bene nella costruzione di soluzioni che vengono dal basso, ove nessuno è indifferente all’altro e nessun risolve le proprie fragilità a scapito dell’altro. “Fratelli tutti” insomma, nella concretezza di modelli, opere e soluzioni costruite da tutti, nel governo partecipato delle piccole e grandi comunità, ove il voto democratico dei propri rappresentanti non riesce più da molti anni a placare conflitti e assenza di coesione, nel pieno di una democrazia consensuale ove la corsa al voto pesa troppo nella vita politica.

Tutto scontato direbbe qualcuno, se non fosse che siamo molto lontani nei fatti da una direzione di marcia di questo tipo. Un esempio banale ma significativo e concreto? Siamo alla seconda tornata del riparto del governo dei fondi dei “buoni spesa”, di cui fu denunciato nella scorsa tornata l’assenza di criteri omogenei di accesso ai benefici da parte dei cittadini, creando 7904 situazioni diverse (e quindi disuguaglianze) tante quanti sono i Comuni italiani (al 30 luglio 2020 a dire il vero sono 7903), affidando alla casualità di dove si risiede il trattamento riservato alla propria fragilità. La risposta di allora fu che eravamo in emergenza. Oggi forse dobbiamo registrare una sola emergenza che continua, rappresentata da quella marcata volontà di rinunciare ad essere fratelli tutti, come nel mare magnum dei rapporti tra i nord e i sud del Paese Italia, che continua nell’indifferenza.

Poche riflessioni per provare che senza mutualismo e reciprocità, non c’è futuro e non c’è comunità. E se fosse una strofa di una poesia si tratterebbe di rima baciata che perfettamente trova la sua quadratura ”sonora”; ma le quadrature in politica e nella società sono molto lontane dalle dinamiche della poesia, anche se le arti nobili un tempo comunicavano e si contaminavano tra loro, reciprocamente.   

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Gianluca Budano

Welfare manager pubblico, esperto in materia di politiche socio-sanitarie, ha diretto numerose amministrazioni pubbliche, anche in funzione di sovraordinato del Ministero dell’Interno in Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. Co-Portavoce nazionale di Investing in Children – Alleanza per l’inclusione e il benessere dei minori in Italia, già Consigliere di Presidenza Nazionale ACLI, Consigliere di Amministrazione di Terzjus – Osservatorio Nazionale di diritto del Terzo Settore, della filantropia e dell’impresa sociale, componente del Direttivo Nazionale del Forum delle Associazioni Familiari, dirigente di Avviso Pubblico – Associazione di Enti Locali e Regioni contro le mafie.