Economia e sviluppo

 

Cittadini, sicurezza, salute e lavoro

 

Economia e sviluppo

 

Cittadini, sicurezza, salute e lavoro

 

Nuovi e vecchi “campanili” per accelerare il New Deal del Pnrr

da

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

La sfida non è rispetto a quanto porteremo a casa, ma a quanto saremo capaci di essere agenti di miglioramento della casa comune che viviamo

I soldi non sono tutto nella vita, recita una nota espressione frutto della saggezza popolare che concilia visioni etiche o semplicemente pragmatico realiste. Ma che questa espressione fosse presa così sul serio dal sentire collettivo nonostante lo shock pandemico e nonostante un innesto di risorse pubbliche notevoli nell’economia quali quelle del PNRR, non ce l’aspettavamo. 

Sono circa a regime 248.000.000.000 in euro, 480.194.960.000.000 di vecchie lire: questa è l’entità dell’investimento per far fronte alla ripresa richiesta dalla pandemia! Cifre enormi se comparate a una finanziaria o a qualunque pubblico investimento di questi ultimi decenni. Somme di questo tipo dovrebbero invadere i media di proposte di cambiamento, di vitalità partecipativa, di richieste di coinvolgimento, di vento innovativo in poppa al navigare di un Paese che sta soffrendo crisi ripetute da anni: economiche, sociali, sanitarie, ma forse anche di identità! La realtà dei fatti ci dice di rassegne di bandi pubblicati o da pubblicarsi, di comunicazioni scolastiche, di linguaggio inflazionato che ripete di un PNRR salvifico e sulla bocca di tutti, come se i denari e una programmazione generale possa da sé cambiare le comunità locali, senza che queste si attivino e sentano la responsabilità della loro parte di ruolo.

È vero, è un Paese dove si nasce poco e si invecchia di più: meno giovani, meno scatto felino di chi ha più energia, prevalenza di cultura della ristrutturazione rispetto a quella della nuova edificazione di “costruzioni” sociali e culturali! È altrettanto vero che abbiamo la macchina amministrativa di enti locali e amministrazioni pubbliche in generale sotto dimensionata e arroccata a un modello organizzativo legato a un’idea ancora troppo borbonica di amministrazione e dove il campanile viene prima di tutto: campanile del proprio territorio, del proprio legittimo interesse, del proprio partito e spesso anche della propria idea specialistica diffusa, senza avere però nessun titolo di specializzazione che consenta il solo diritto di tribuna.

Un periodo storico straordinario come quello che stiamo vivendo richiede però tutt’altro che l’idea di campanile. Richiederebbe il coraggio di fare delle proprie appartenenze un punto da cui partire quale proprio bagaglio iniziale (e non finale o di approdo) di esperienze (territoriali, sociali, professionali, di vissuto personale, politiche, ecc.) a seconda del “luogo” da cui si proviene, ma con la consapevolezza di percorrere il viaggio di chi vuole ricostruire, re-entusiasmare, costruire benessere collettivo non solo per la propria comunità, ma anche per quella del comune confinante.

Si tratta di superare contemporaneamente la logica egoistica individuale e di gruppo e nello stesso tempo costruire modelli che facciano stare bene tutti, senza disuguaglianze, che dovrebbero bastare per generare quell’amaro in bocca anche in capo a chi sulla carta sta bene, in quanto il bene individuale non può prescindere dal bene di tutti!

Abbandonare i vecchi campanili o costruirne di nuovi, significa per il sistema di welfare andare oltre il campanile comunale! Alla luce delle prime linee di indirizzo sull’utilizzo dei fondi del PNRR emanate dal Ministero delle Politiche sociali su un programma ambizioso e finalizzato alla soddisfazione per tutti i cittadini dei livelli essenziali delle prestazioni, tutte centrate sugli Ambiti Territoriali Sociali, (finalmente coerenti con la logica dei sistemi integrati di welfare della Legge 328/2000), occorre dare una struttura solida e distinta dai Comuni alla loro gestione associata dei servizi sociali, senza la quale diventa difficile gestire risorse destinate a più enti, tenendole a cura e in capo a un solo soggetto capofila di quella aggregazione, anche semplicemente per rispondere alla necessaria praticità della pronta risposta a un bando o la coo-progettazione di interventi alla luce del Codice Unico del Terzo Settore.

Per il sistema sanitario vuol dire ripopolare il territorio di servizi di prossimità e risposte per tutti ai bisogni della popolazione, specie quella non autosufficiente che rischia di soffrire un senso di insicurezza che è spesso peggiore della singola patologia sofferta, abbinando al campanile dell’ospedale quello dell’ambulatorio, della telemedicina e delle case di comunità.

Per il sistema delle politiche attive del lavoro significa avere un sistema credibile che dia risposte a chi è disoccupato e cerca un lavoro, rivedendo radicalmente il campanile del centro per l’impiego, che se per un tratto di penna fossero liberati dalle competenze obbligatorie di certificati e adempimenti burocratici, rischierebbero di non essere frequentati da nessuno, anche a causa del costante definanziamento delle relative strutture che rendono sempre più inefficace la loro azione.

Tra campanili da abbandonare, da ristrutturare e altri da costruire ex novo; tra esodi culturali più o meno campali per migrare dalla soffocante insicurezza pandemica, c’è da osservare oggettivamente che il guanto della sfida della ripresa è stato lanciato da molto tempo. E la sfida non è quanto ognuno porterà a casa, sia esso Comune, impresa, ente del terzo settore, territorio, individuo, ecc. ma quanto saremo capaci di essere agenti di miglioramento della casa comune che viviamo!

Articoli correlati

Il reddito di cittadinanza e il festival dell’ipocrisia

Il reddito di cittadinanza e il festival dell’ipocrisia

Di ipocrisia peccano i sostenitori del reddito di cittadinanza così come lo ha ereditato Giorgia Meloni e contestualmente anche i falchi del suo governo, entrambi attenti prioritariamente ai sondaggi a discapito della scelta giusta Il nuovo dibattito che si è...

Il sacchetto forato delle famiglie italiane

Il sacchetto forato delle famiglie italiane

Le confusioni esistenziali di un popolo e la rinunzia a essere Istituzione di Stato e Ue, che tolgono ai tanti per arricchire i pochi Il volume complessivo del gioco d’azzardo in Italia nel 2019 era di 106 miliardi di euro, sceso ad 88 nel periodo della pandemia a...

Dove è finito lo Stato mentre la gente è sfinita?

Dove è finito lo Stato mentre la gente è sfinita?

Salute, banche e poteri forti: il deserto delle tutele Il nostro è un Paese dove tutti dichiarano di volere il benessere della comunità, ma dove i fatti generano il benessere di pochi. Un Paese, dove tutti dichiarano di non voler lasciare nessuno indietro, ma dove...

Gianluca Budano

Welfare manager pubblico, esperto in materia di politiche socio-sanitarie, ha diretto numerose amministrazioni pubbliche, anche in funzione di sovraordinato del Ministero dell’Interno in Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. Co-Portavoce nazionale di Investing in Children – Alleanza per l’inclusione e il benessere dei minori in Italia, già Consigliere di Presidenza Nazionale ACLI, Consigliere di Amministrazione di Terzjus – Osservatorio Nazionale di diritto del Terzo Settore, della filantropia e dell’impresa sociale, componente del Direttivo Nazionale del Forum delle Associazioni Familiari, dirigente di Avviso Pubblico – Associazione di Enti Locali e Regioni contro le mafie.